Come si può intendere il sentire o la filosofia Wabi Sabi? Certamente leggendo le storie di una tradizione antica, che nasce sotto il segno dell’amore per l’impermanenza. Esistere è una foglia che vola via. E Wabi Sabi è un modo di percepire la bellezza temporanea del mondo, mentre tutto scorre e si muove.

Il Giappone e la poetica Wabi Sabi

Quando si parla di Wabi Sabi bisogna menzionare anche l’antico rituale giapponese del tè, un momento dedicato all’accoglienza di ciò che è fugace. Si sta con tazze leggermente usurate dal tempo, mentre il gelsomino sfiorisce e l’imbrunire si avvicina: è l’eterno.

Ed è verso il sentimento dell’infinto, che tende la filosofia Wabi Sabi, con la sua delicatezza poetica che narra il costante cambiamento dell’esserci. Mentre il rito giapponese del tè a tratti scompare, ecco che rivive nella pratica del Wabi Sabi, dove tutto si fa preparativo di bellezza.

Ma Wabi Sabi è anche la natura delle foglie accartocciate, che rivelano la trama secca in cui un tempo è passata a clorofilla. È il fiore che ora muore e si stacca dal gambo, per lasciarsi cullare in una lenta caduta verso terra, un tragitto che ricorda quello della neve in una giornata di pieno inverno.

Leggere parole poetiche, ed osservare la vita che scivola, senza aggrapparsi ma restando spettatori dell’incanto, ecco, anche questo è Wabi Sabi. Non c’è gesto, nel mondo, che non parli dell’infinito sfumare dell’esistenza.

E la natura che decade, cede il passo al domani si dimostra la più onesta alleata del vivere. Con le sue crepe, le sue spaccature imperfette nel taglio vivo di un legno che odora di resina, il regno natuale dimostra tutto il proprio sentimento di coesione con il Tutto.

Esistere è sfiorire, per rinascere ogni minuto sotto lo stupore delle cose destinate al perenne mutamento. E tutto ciò, tutta questa bellezza che passa è Wabi Sabi.